La scoperta della tomba di Tutankhamon, realizzata il 4 novembre 1922 durante gli scavi di Howard Carter nella Valle dei Re, oltre a poter essere considerata il più importante ritrovamento archeologico del XX secolo, fu un vero e proprio fenomeno sociale che travolse tutto il mondo come mai era successo e mai si è più ripetuto nell’ambito dello studio del passato.
La scoperta suscitò ben presto la curiosità dei turisti che erano a Luxor, ma poi la notizia del ritrovamento dell’ultima dimora, ancora perfettamente intatta, del giovane faraone si diffuse a macchia d’olio su tutti i quotidiani e riviste del globo; non a caso, i giornalisti cercarono in ogni modo, lecito o meno, di estrapolare dettagli da pubblicare e, per vendere più copie, non si fecero scrupoli a inventare fake news su una presunta maledizione mai esistita.
Le “cose meravigliose” che riempivano la tomba influenzarono ogni aspetto della società dell’epoca e moda, architettura, letteratura e cinema furono invasi da prodotti legati alla Tutmania. L’evento divenne perfino un simbolo politico e fu eletto a emblema dell’affermazione dell’identità nazionale egiziana contro l’ingerenza straniera britannica sul Paese. Un simile bombardamento mediatico, che durò per almeno un decennio, arrivò anche in Italia ed è testimoniato in particolare da un numero della Domenica del Corriere che sono riuscito ad acquistare per la mia collezione personale.
La Domenica del Corriere è stato un popolarissimo settimanale stampato, come supplemento del Corriere della Sera, dal 1899 al 1989. Più che un periodico informativo, la Domenica del Corriere raccoglieva i piccoli e grandi fatti che avevano scandito la settimana, approfondimenti culturali, pezzi satirici, vignette umoristiche e un bel po’ di pubblicità. Momenti storici, fatti di cronaca e scorci di vita quotidiana erano per la prima volta documentati da foto e soprattutto dalle iconiche copertine illustrate.
Tutankhamon sulla Domenica del Corriere
Tra le più belle per me – mi si perdoni la deformazione professionale – è proprio quella del 24 febbraio 1924, disegnata dal celebre Achille Beltrame e che ritrae Howard Carter aprire i sacrari dorati nella camera funeraria di Tutankhamon. Il soggetto è ispirato a una famosa foto scattata da Harry Burton il 4 gennaio 1923 e pubblicata sul Times – che aveva l’esclusiva – il 3 gennaio 1924. La didascalia recita: “La luce finalmente nelle tenebre trimillenarie di Tutankamen. La scena culminante degli scavi di Luxor: il primo sguardo nel sontuoso sarcofago del re egizio”.
Più che soffermarmi sulla bellezza della copertina, però, vorrei girare pagina e arrivare a un curioso contenuto che si trova all’interno e che è perfetto per raccontare l’invadente Tutmania che si respirava in quegli anni. Oltre a un trafiletto – in pieno periodo carnevalesco – sui costumi più stilosi e di moda da indossare nei balli in maschera che, in modo poco politically correct, sottolinea che “il costume egiziano esige una linea snella e graziosa che non tutte le signore possono possedere”, una lunga poesia satirica palesa un deciso senso di rigetto verso le continue notizie su Tutankhamon, diffusesi nel mondo come la recente pandemia dell’influenza spagnola.
Il testo – inedito sul web – è scritto dal critico teatrale, commediografo e giornalista Renato Simoni, sotto lo pseudonimo di Turno:
ANCORA TUTANKAMEN!
E’ un anno già che dura questo gioco
di dotti intorno al suo gran sonno duro!
L’anno scorso un pochin, quest’anno un poco,
il resto lo faran l’anno venturo…
Insomma, quelle membra disseccate,
le van disseppellendo proprio a rate!
Il morto lascia far; chè dopo trenta secoli
al buio nel sepolcro ermetico,
è assai poco probabile ch’ei senta
che gli fan, gli archëologi, il solletico!
Fasciato come un bimbo, in quella culla
d’oro e di gemme, egli non sente nulla.
Scende talun nell’ipogeo profondo?
Scenda! Lo scuoton? Sia! Lo spoglian? Amen!
E Tutankamen, forse, è il solo al mondo
che non senta parlar di Tutankamen!
Singolar privilegio! Mentre noi
non udiam che narrare i fatti suoi!
Tempo è già, ai primi freddi (ah, fo’ le corna!)
la «spagnola» fatal tornava in giro;
adesso, ai tepor primi, invece, torna
questa mummia fasciata di papiro;
a primavera il seme umano è afflitto
da codesta spagnola, ahimè, d’Egitto!
E l’anno scorso, dopo un gran lavoro,
si scopersero cento e cento bei
turchini scarabei su arredi d’oro;
arredi d’oro e azzurri scarabei
han scoperto quest’anno: e avrem — lo giuro —
l’oro e gli scarabei l’anno venturo!
E se si tiri in lungo, e più si razzoli
in quella polve che di morte odora,
vedrete, amici, quanti lapislazzoli
si troveranno, e — oh ciel! — quant’oro ancora!
Lapislazzoli ed oro all’infinito!
C’è da perderne il sonno e l’appetito!
La moda, intanto, che lanciò le vesti
di Tutankamen, ma già già languiva,
inuzzolita, certo, ora da questi
novelli scavi, si rifarà viva;
sì, di veder le donne ancor mi sembra
cinte di mummia le leggiadre membra!
L’amico incontri? Tutankamen cita!
Vai nei caffè? Del faraon si parla!
Sulla bocca più dolce e saporita
trovi il morto, se cerchi di baciarla!
Se vuoi fuggire quel fantasma tetro,
col suo gelido fiato ei ti tien dietro!
Lo secchin pure! Io sono indifferente!
Profanino, se voglion, le sue spoglie!
Il faraone non è mio parente
nemmeno per la parte di mia moglie!
Non mi oppongo agli scavi e non protesto!
Bramo solo una cosa: faccian presto!
Apran la tomba, chiedano al defunto
i gran segreti che ha portati seco!
Compiano interamente, in un sol punto
questo lavoro, illustre sì, ma bieco;
e, devastato quel sepolcro altero,
passino a qualche altro cimitero.




