Il Museo Egizio di Torino non si ferma. Seguendo il processo di rinnovamento lanciato in occasione del bicentenario, l’8 luglio sono stati inaugurati i riallestimenti delle sale di Iti e Neferu e di Ahmose. Nei giorni scorsi ho avuto modo di visitarle insieme ad alcuni curatori – Cédric Gobeil, Sara Aicardi, Enrico Ferraris e Johannes Auenmüller – che si sono gentilmente resi disponibili a raccontare ai partecipanti al Simposio Italiano di Egittologia tutte le motivazioni a monte di questi cambiamenti e i dietro le quinte del lavoro svolto.
In generale, è stato rivisto l’apparato didascalico, sia nella forma sia nel contenuto. Oltre ad aggiungere nuove informazioni, si è posta maggior attenzione alla visibilità dei testi. Il fondo bianco, il nuovo font, mappe più chiare e la disposizione delle parole rendono ora le spiegazioni dei reperti più leggibili per tutti. Questi accorgimenti saranno gradualmente presi anche per gli altri allestimenti permanenti, così da rendere il Museo Egizio di Torino ancora più inclusivo.

La sala con la ricostruzione della tomba di Iti e Neferu è sicuramente una delle più suggestive del Museo Egizio di Torino. La monumentale sepoltura “a saff” è stata scoperta a Gebelein nel 1911 da Virginio Rosa, collaboratore dell’allora direttore del Museo Ernesto Schiaparelli. La tomba fu realizzata nel Primo Periodo Intermedio (2100-2000 a.C. circa) per il Capo delle truppe e Tesoriere del Re e la sua sposa. Alle 29 pitture rimaste tra le 36 originariamente staccate, se ne aggiungerà una recentemente riemersa dai depositi del Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino e ora in fase di restauro (foto in basso).

Tra le novità più evidenti spicca la revisione architettonica della ricostruzione. Grazie allo studio di documenti di archivio e delle foto originali, si è capito che i 14 pilastri non erano collegati da semplici architravi ma da archi, che quindi sono stati aggiunti (foto in bass0). Proprio nell’ambito di questa ricerca, sono stati aggiunti diversi riferimenti alle carte degli archeologi nei pannelli esplicativi. Sono state poi spostate le stele funerarie nella prima stanzetta.

Anche la saletta dedicata ai corredi funerari provenienti dalla Valle delle Regine (Principessa Ahmose, Nebiry e QV 39) è stata rinnovata. Oltre alle didascalie che pongono l’attenzione sui documenti d’archivio e sui contesti d’origine, nelle vetrine è possibile vedere oggetti recuperati dai depositi. I calzari, il lenzuolo funerario e un frammento di tessuto su cui poggiavano i monili di Ahmose sono ora esposti per la prima volta al pubblico dopo un attento lavoro di restauro. Inoltre la sua mummia è protetta da un guscio in fibra di basalto che permette la conservazione ottimale e una rispettosa copertura.
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